sabato 26 settembre 2009

Poesia: "Ghiaccio da solo nella casa silenziosa" di Federico Garcia Lorca



Giaccio da solo nella casa silenziosa,
la lampada è spenta,
e stendo pian piano le mie mani per afferrare le tue,
e lentamente spingo la mia fervente bocca verso di te e bacio me fino a stancarmi e ferirmi – e allimprovviso son sveglio,
ed intorno a me la fredda notte tace,
luccica nella finestra una limpida stella – o tu,
dove sono i tuoi capelli biondi, dovè la tua dolce bocca?
Ora bevo in ogni piacere la sofferenza e veleno in ogni vino;
mai avrei immaginato che fosse tanto amaro essere solo
essere solo e senza di te

martedì 22 settembre 2009

Poesia: "La strada non presa" di Robert Frost




Divergevano due strade in un bosco
Ingiallito, e spiacente di non poterle fare
Entrambe essendo un solo, a lungo mi fermai
Una di esse finchè potevo scrutando
Là dove in mezzo agli arbusti svoltava.

Poi, presi l’altra, che era buona ugualmente
E aveva forse i titoli migliori
Perché era erbosa e poco segnata sembrava;
Benchè, in fondo, il passare della gente
Le avesse davvero segnate più o meno lo stesso,

Perché nessuna in quella mattina mostrava
Sui fili d’erba l’impronta nera d’un passo.
Oh, quell’altra lasciavo a un altro giorno !
Pure, sapendo bene che strada porta a strada,
Dubitavo se mai sarei tornato.

Questa storia racconterò con un sospiro
Chissà dove tra molto tempo:
Divergevano due strade in un bosco, e io…..
Io presi la meno battuta,
E di qui tutta la differenza è venuta.

lunedì 21 settembre 2009

Un testo devozionale americano...



Procedi serenamente tra il frastuono e la fretta e ricorda quale pace possa esservi nel silenzio. Per quanto puoi, senza arrenderti, mantieniti in buoni rapporti con tutti. Esponi la tua opinione con calma e chiarezza e ascolta gli altri, anche se noiosi e incolti, hanno una loro storia da raccontare. Evita le persone prepotenti e aggressive, costituiscono un tormento per lo spirito. Se insisti nel confrontarti con gli altri puoi diventare vanitoso e aspro, perché sempre ci saranno persone migliori e peggiori di te.
Godi dei tuoi successi e anche dei tuoi progetti.
Mantieni interesse per la tua professione, per quanto umile essa sia, costituisce un vero patrimonio nella mutevole fortuna del tempo. Usa prudenza nei tuoi affari, perché il mondo è pieno di inganni. Ma questo non ti impedisca di vedere quanto c'è di buono, molti sono coloro che lottano per alti ideali e dovunque la vita è colma di eroismo.
Sii te stesso. Soprattutto non fingere di amare.
Non ostentare cinismo verso l'amore perché, pur di fronte a qualsiasi delusione e aridità, esso resta perenne come il sempreverde. Accetta di buon grado la saggezza dell'età, lasciando con serenità le cose della giovinezza.
Coltiva la forza d'animo per difenderti dall'improvvisa sfortuna.
Non angosciarti con fantasie; molte paure nascono da stanchezza e solitudine.
Al di là di una sana disciplina, sii tollerante con te stesso.
Tu sei figlio dell'universo non meno degli alberi e delle stelle e hai pieno diritto di esistere. E, convinto o non convinto che tu sia, non v'è dubbio che l'universo si sta evolvendo a dovere. Perciò sta in pace con Dio, qualunque sia il concetto che hai di Lui e quali siano i tuoi affanni e le tue disperazioni.
Nella chiassosa confusione dell'esistenza mantieniti in pace con il tuo spirito.
Nonostante tutta la sua falsità, il duro lavoro e i sogni infranti, questo è pur sempre un mondo meraviglioso.
Sii prudente. Fa di tutto per essere felice.

mercoledì 16 settembre 2009

Poesia: "Lentamente muore" di Martha Medeiros




Lentamente muore

Martha Medeiros

Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e non cambia colore dei vestiti,
chi non parla e chi non conosce.

Lentamente muore chi evita una passione,
chi preferisce nero su bianco e i puntini sulle “i”
piuttosto che una serie di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore davanti all’errore e ai sentimenti.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo,
chi è infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l’incertezza,
per inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta nella vita
di fuggire dai consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia,
chi non legge e chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in se stesso.
Lentamente muore chi distrugge l’amor proprio,
chi non si lascia aiutare;
chi passa i giorni a lamentarsi
della propria sfortuna o della pioggia incessante.

Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che esser vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore
del semplice fatto di respirare.
Soltanto l’ardente pazienza
porterà al raggiungimento di una splendida felicità.

venerdì 11 settembre 2009

Testo: "Il paradosso del nostro tempo" di George Carlin



Il paradosso del nostro tempo nella
storia è che abbiamo edifici sempre più alti, ma moralità più basse,
autostrade sempre più larghe, ma orizzonti più ristretti.

Spendiamo di più, ma abbiamo meno, comperiamo di più, ma godiamo meno.

Abbiamo case più grandi e famiglie più piccole, più comodità, ma meno tempo.

Più conoscenza, ma meno giudizio, più esperti, e ancor più problemi, più medicine, ma meno benessere.

Beviamo troppo, fumiamo troppo, spendiamo senza ritegno, ridiamo troppo
poco, guidiamo troppo veloci, ci arrabbiamo troppo, facciamo le ore
piccole, ci alziamo stanchi, vediamo troppa TV, e preghiamo di rado.

Abbiamo moltiplicato le nostre proprietà, ma ridotto i nostri valori.

Parliamo troppo, amiamo troppo poco e odiamo troppo spesso. Abbiamo
imparato come guadagnarci da vivere, ma non come vivere. Abbiamo
aggiunto anni alla vita, ma non vita agli anni.

Siamo andati e tornati dalla Luna, ma non riusciamo ad attraversare la
strada per incontrare un nuovo vicino di casa. Abbiamo conquistato lo
spazio esterno, ma non lo spazio interno.

Abbiamo creato cose più grandi, ma non migliori. Abbiamo pulito l'aria,
ma inquinato l'anima. Abbiamo dominato l'atomo, ma non i pregiudizi.

Pianifichiamo di più, ma realizziamo meno. Abbiamo imparato a sbrigarci, ma non ad aspettare.

Costruiamo computers più grandi per contenere più informazioni, per produrre più copie che mai, ma comunichiamo sempre meno.

Questi sono i tempi del fast food e della digestione lenta, grandi
uomini e piccoli caratteri, ricchi profitti e povere relazioni. Questi
sono i tempi di due redditi e più divorzi, case più belle ma famiglie
distrutte. Questi sono i tempi dei viaggi veloci, dei pannolini usa e
getta, della moralità a perdere, delle relazioni di una notte, dei
corpi sovrappeso e delle pillole che possono farti fare di tutto, dal
rallegrarti al calmarti, all'ucciderti.

E' un tempo in cui ci sono tante cose in vetrina e niente in magazzino.
Un tempo in cui la tecnologia può farti arrivare questa lettera, e in
cui puoi scegliere di condividere queste considerazioni con altri, o di
cancellarle.

Ricordati di spendere del tempo con i tuoi cari ora, perchè non saranno
con te per sempre. Ricordati di dire una parola gentile a qualcuno che
ti guarda dal basso in soggezione, perchè quella piccola persona presto
crescerà e lascerà il tuo fianco.

Ricordati di dare un caloroso abbraccio alla persona che ti sta a
fianco, perchè è l'unico tesoro che puoi dare con il
cuore e non costa nulla. Ricordati di dire "vi amo" ai tuoi cari, ma
soprattutto pensalo. Un bacio e un abbraccio possono curare ferite che
vengono dal profondo dell'anima. Ricordati di tenerle le mani e godi di
questi momenti, perchè un giorno quella persona non sarà più lì.

Dedica tempo all'amore, dedica tempo alla conversazione, e dedica tempo per condividere i pensieri preziosi della tua mente.

E RICORDA SEMPRE:

la vita non si misura da quanti respiri facciamo, ma dai momenti che ci tolgono il respiro.

giovedì 10 settembre 2009

Poesia: "La verità" di Antonio Machado



La tua verità? No, la Verità,
e vieni con me a cercarla.
La tua, tienitela.

Testo: "Inventario della normalità" di Paulo Coelho




Inventario della normalità

Ho deciso di fare una ricerca con i miei amici su quello che la società considera un comportamento normale. Di seguito, elenco alcune di queste assurdità con cui conviviamo quotidianamente, perché la società le considera normali:

1] Qualsiasi cosa che ci faccia dimenticare la nostra vera identità e i nostri sogni, e ci faccia solo lavorare per produrre e riprodurre.

2] Che ci siano regole per una guerra (Convenzione di Ginevra).

3] Sprecare anni a fare l’università, per poi non trovare lavoro.

4] Lavorare dalle nove del mattino alle cinque del pomeriggio in qualcosa che non dà il minimo piacere, purchè nel giro di 30 anni si riesca ad andare in pensione.

5] Andare in pensione, scoprire di non avere più l’energia per godersi la vita e morire dopo pochi anni, di tedio.

6] L’uso del botulino.

7] Cercare di avere successo finanziariamente, invece di perseguire la felicità.

8] Mettere in ridicolo chi cerca la felicità invece del denaro, definendolo “persona senza ambizione”.

9] Paragonare oggetti come automobili, case, vestiti e definire la vita in funzione di questi paragoni, invece di tentare di conoscere la vera ragione per cui si è vivi.

10] Non dialogare con gli estranei. Parlare male del vicino.

11] Pensare che i genitori abbiano sempre ragione.

12] Sposarsi, avere figli, rimanere insieme anche quando l’amore sia finito, adducendo che è per il bene del bambino (che sembra non stia assistendo alle continue liti).

12] Criticare chiunque tenti di essere diverso.

14] Svegliarsi con una sveglia isterica accanto al letto.

15] Credere assolutamente in tutto quello che viene stampato.

16] Usare un pezzo di stoffa colorata legato al collo, senza alcuna funzione apparente, ma che risponde al pomposo nome di “cravatta”.

17] Non essere mai diretto nelle domande, anche se l’altra persona capisce che cosa si vuole sapere.

18] Avere un sorriso sulle labbra quando si sta morendo dalla voglia di piangere. E avere pietà di tutti coloro che dimostrano i propri sentimenti.

19] Pensare che l’arte valga una fortuna, o che non valga assolutamente nulla.

20] Disprezzare sempre quello che si è ottenuto con facilità, perchè non c’è stato il “sacrificio necessario” e, dunque, non deve avere le qualità richieste.

21] Seguire la moda, anche se tutto sembra ridicolo e scomodo.

22] Essere convinto che tutte le persone famose abbiano accumulato tonnellate di denaro.

23] Investire molto nella belleza esteriore e preoccuparsi poco della bellezza interiore.

24] Usare tutti i mezzi possibili per dimostrare di essere una persona infinitamente al di sopra degli altri esseri umani, anche se si è una persona normale.

25] Su un mezzo di trasporto pubblico, non guardare mai direttamente negli occhi una persona, perchè altrimenti questo potrebbe essere interpretato come un segnale di seduzione.

26] Quando si entra in ascensore, mantenersi con il corpo rivolto verso la porta d’uscita, fingendo di essere l’unica persona là dentro, per quanto affollato sia.

27] Non ridere mai forte in un ristorante, per quanto divertente sia la storia.

28] Nell’emisfero nord, usare sempre un abbigliamento che combina con la stagione dell’anno: braccia nude in primavera (per quanto possa essere freddo) e giacca di lana in autunno (per quanto possa essere caldo).

29] Nell’emisfero sud, ricoprire l’albero di natale di batuffoli di cotone, anche se l’inverno non ha niente a che vedere con la nascita di Cristo.

30] A mano a mano che s’invecchia, ritenersi depositario di tutta la saggezza del mondo, anche se non sempre si è vissuto abbastanza per sapere cosa è sbagliato.

31] Partecipare a un tè di beneficienza e pensare con ciò di aver contribuito a sufficienza per eliminare le disuguaglianze sociali del mondo.

32] Mangiare tre volte al giorno, anche senza fame.

33] Credere che gli altri siano sempre migliori in tutto: che siano più belli, più capaci, più ricchi, più intelligenti. E’ molto rischioso avventurarsi al di là dei propri limiti, meglio non fare niente.

34] Usare l’auto come un modo per sentirsi potente e dominare il mondo.

35] Dire parolacce nel traffico.

36] Pensare che tutto quello che il proprio figlio fa di sbagliato sia colpa delle compagnie che ha scelto.

37] Sposarsi con la prima persona che offre una posizione sociale. L’amore può aspettare.

38] Dire sempre “io ho tentato”, anche se non si è tentato assolutamente nulla.

39] Lasciare le cose più interessanti della vita da vivere quando ormai non si hanno più le forze per farlo.

40] Evitare la depressione con dosi quotidiane e massicce di programmi televisivi.

41] Credere che sia possibile essere sicuri di tutto ciò che si è conquistato.

42] Pensare che alle donne non piaccia il calcio e che agli uomini non piaccia l’arredamento.

43] Incolpare il governo per tutto ciò che di negativo accade.

44] Avere la convinzione che essere una persona buona, decente e rispettosa significhi che gli altri penseranno che si è deboli, vulnerabili e facilmente manipolabili.

45] Essere anche convinti che l’aggressività e la scortesia nel rapporto con gli altri siano sinonimi di una personalità potente.

46] Avere paura della fibroscopia (uomini) e del parto (donne).

47] Infine: ritenere che la propria religione sia l’unica depositaria della verità assoluta, la più importante, la migliore, e che tutti gli altri esseri umani su questo pianeta immenso che credono in qualche altra manifestazione di Dio siano condannati al fuoco dell’inferno.

mercoledì 9 settembre 2009

Poesia: "Come ne chiostro dell'eremo soave" di Marcel Proust.




Tu hai l’incanto del chiostro gentile di un eremo.
Il cielo è azzurro mare fra i bianchi archi.
Là si sta bene, sotto un pilastro gracile,
a bere in fresco e tacere, assopiti nei caldi pomeriggi.


Domani, lo so bene, tornato solitario,
andrò a perdermi in torbidi palazzi.
Ma oggi quel tuo incanto mi è amico;
gli sguardi lenti della tua pupilla viola
sono per me, a questo mondo, tutto.


Bianca e sottile la tua fronte non racchiude
l’ombra infinita onde la luce appare;
eppure stranamente, cara testa, ti amo.


Quando al tuo chiaro riso non mi batta più il cuore,
forse arrossirò ancora pensando
alla dolcezza che avrei provata
se fossi rimasto nascosto nel tuo cuore


come nel chiostro chiaro dell’eremo soave

lunedì 7 settembre 2009

Testo: "Se solo per un istante Dio..." una lettera di Gabriel Garcìa Marquéz.


Se solo per un istante Dio si dimenticasse che sono una marionetta di pezza e mi regalasse un attimo di vita, probabilmente non direi tutto ciò che penso: penserei tutto ciò che dico. Darei valore alle cose non per ciò che valgono ma per ciò che significano. Dormirei poco, sognerei di più, capirei che per ogni minuto in cui chiudiamo gli occhi perdiamo sessanta secondi di luce. Farei il primo passo dove tutti gli altri si fermano, mi sveglierei quando gli altri dormono. Ascolterei le parole degli altri e come mi godrei un buon gelato al cioccolato!

Se Dio mi facesse dono di un attimo di vita, vestirei semplicemente, mi getterei disteso al sole lasciando scoperto non solo il mio corpo ma anche la mia anima.

Dio mio... se io avessi un cuore, scriverei il mio odio sul ghiaccio e aspetterei l'arrivo del sole. Dipingerei con un sogno di van Gogh, sulle stelle, una poesia di Benedetti e una canzone di Serrat sarebbe la sereneta che offrirei alla luna. Annaffierei con le mi lacrime una rosa, per sentire il dolore delle sue spine e con le labbra la carnosa sensazione dei suoi petali...

Dio mio, se io avessi un attimo ancora di vita... non lascerei passare un solo giorno senza dire alla gente a cui voglio bene il mio sentimento d'amore. Convincerei ogni uomo e ogni donna che essi sono i miei preferiti e sì, vivrei innamorato dell'amore. Agli uomini dimostrerei quanto si sbagliano a pensare che smettono di innamorarsi quando invecchiano senza sapere che invecchiano quando smettono di innamorarsi! Ad un bambino darei le ali ma lascerei che imparasse a volare da solo. Ai vecchi insegnerei che la morte non arriva con la vecchiaia ma con l'oblio. Tante cose ho imparato da voi uomini... ho imparato che tutto quanti vogliono vivere sulla cima della montagna, senza sapere che la vera felicità risiede nel modo con cui saliamo la scarpata. Ho imparato che quando un bambino appena nato stringe con il suo piccolo pugno, per la prima volta, il dito del papà, lo racchiude per sempre. Ho imparato che un uomo ha diritto di guardarne un altro dall'alto solo per aiutarlo a rialzarsi. Sono tante le cose che ho potuto apprendere da voi... ma in verità non servirebbero a molto perché quando mi metterete dentro a quella borsa, beh, infelicemente starò morendo...

Amico mio, dì sempre ciò che senti a fà ciò che pensi. Se sapessi che oggi sarà l'ultimo giorno in cui ti vedrò dormire, ti abbraccerei forte e pregherei il Signore affinché tu possa essere il guardiano della tua anima. Se sapessi che questa è l'ultima volta che ti vedo uscire da quella porta ti abbraccerei, ti bacerei e ti richiamerei per dartene ancora e ancora. Se sapessi che questa è l'ultima volta che ascolterò la tua volce registrerei ogni tua parola per poterla riascoltare ancora una volta e una volta ancora, così all'infinito. Se sapessi che questi sono gli ultimi minuti in cui ti vedo ti direi: "Ti amo" senza presumere, scioccamente, che lo sai già. Sempre c'è un domani e la vita, sempre, ci dà un'altra opportunità per fare bene le cose ma se sbaglio e l'oggi è tutto ciò che mi resta, mi piacerebbe dirti che ti voglio bene e che mai, mai, ti dimenticherò. Il domani non è assicurato a nessuno, giovane o vecchio. Oggi può essere l'ultimo giorno che vedi coloro che ami perciò non aspettare più, fallo oggi, perché se il domani non dovesse mai arrivare, sicuramente lamenterai il giorno che non hai preso il tempo di un sorriso, di un abbraccio, di un bacio e che sarai stato troppo occupato per conceder loro un ultimo desiderio.

Amico mio, mantieni coloro che ami vicini a te, dì dolore all'orecchio quanto ne hai bisogno, amali e trattali bene, prenditi tempo per dirgli: "Mi dispiace", "Perdonami", "Per piacere", "Grazie" e tutte le parole d'amore che conosci. Nessuno ti ricorderà per i tuoi pensieri segreti. Chiedi la forza e la saggezza di saperli esprimere e dimostra ai tuoi amici quanto loro siano importanti.


giovedì 3 settembre 2009

Poesia: "Dimmi" di Hakim Sanai





Dimmi
-se non sei morto o se non dormi-
dimmi, dal tuo fondo di conoscenza
della filosofia e della legge:
visto che hai un'anima,
cosa vorresti in più
in cambio del tuo io?
Veder non puoi la differenza
tra il mondo nascosto e questo,
tra benessere e sofferenza.
In verità non sei un uomo
su questa via:
sei solo un ragazzo.
Torna ai tuoi giochi,
all'orgoglio, all'indipendenza,
alle arie e alle grazie
della tua fanciulla:
perchè è ciò che ti piace....
Tu rifiuti il futuro per quel che c'è ora:
cosa sai dell'eternità?.....
Se desideri una perla
lasciar devi il deserto
e per mare viaggiare;
e se anche mai la trovi.
la perla lucente,
almen sarai riuscito
a raggiungere l'acqua.

mercoledì 2 settembre 2009

Testo: una lettera di Frida Kahlo a Diego Rivera del 12 settembre 1939 (non fù mai spedita)


La mia notte è come un grande cuore che pulsa.

Sono le tre e trenta del mattino.

La mia notte è senza luna. La mia notte ha grandi occhi che guardano fissi una luce grigia che filtra dalle finestre. La mia notte piange e il cuscino diventa umido e freddo. La mia notte è lunga e sembra tesa verso una fine incerta. La mia notte mi precipita nella tua assenza. Ti cerco, cerco il tuo corpo immenso vicino al mio, il tuo respiro, il tuo odore. La mia notte mi risponde: vuoto; la mia notte mi dà freddo e solitudine. Cerco un punto di contatto: la tua pelle. Dove sei? Dove sei? Mi giro da tute le parti, il cuscino umido, la mia guancia vi si appiccica, i capelli bagnati contro le tempie. Non è possibile che tu non sia qui. La mie mente vaga, i miei pensieri vanno, vengono e si affollano, il mio corpo non può comprendere. Il mio corpo ti vorrebbe. Il mio corpo, quest'area mutilata, vorrebbe per un attimo dimenticarsi nel tuo calore, il mio corpo reclama qualche ora di serenità. La mia notte è un cuore ridotto a uno straccio. La mia notte sa che mi piacerebbe guardarti, seguire con le mani ogni curva del tuo corpo, riconoscere il tuo viso e accarezzarlo. La mia notte mi soffoca per la tua mancanza. La mia notte palpita d'amore, quello che cerco di arginare ma che palpita nella penombra, in ogni mia fibra. La mia notte vorrebbe chiamarti ma non ha voce. Eppure vorrebbe chiamarti e trovarti e stringersi a te per un attimo e dimenticare questo tempo che massacra. Il mio corpo non può comprendere. Ha bisogno di te quanto me, può darsi che in fondo, io e il mio corpo, formiamo un tutt'uno. Il mio corpo ha bisogno di te, spesso mi hai quasi guarita. La mia notte si scava fino a non sentire più la carne e il sentimento diventa più forte, più acuto, privo della sostanza materiale. La mia notte mi brucia d'amore.

Sono le quattro e trenta del mattino.

La mia notte mi strema. Sa bene che mi manchi e tutta la sua oscurità non basta a nascondere quest'evidenza che brilla come una lama nel buio, la mia notte vorrebbe avere ali per volare fino a te, avvolgerti nel sonno e ricondurti a me. Nel sonno mi sentiresti vicina e senza risvegliarti le tue braccia mi stringerebbero. La mia notte non porta consiglio. La mia notte pensa a te, come un sogno a occhi aperti. La mia notte si intristisce e si perde. La mia notte accentua la mia solitudine, tutte le solitudini. Il suo silenzio ascolta solo le mie voci interiori. La mia notte è lunga, lunga, lunga. La mia notte avrebbe paura che il giorno non appaia più ma allo stesso tempo la mia notte teme la sua apparizione, perché il giorno è un giorno artificiale in cui ogni ora vale il doppio e senza di te non è più veramente vissuta. La mia notte si chiede se il mio giorno somiglia alla mia notte. Cosa che spiegherebbe la mia notte, perché tempo anche il giorno. La mia notte ha voglia di vestirmi e di spingermi fuori per andare a cercare il mio uomo. Ma la mia notte sa che ciò che chiamano follia, da ogni ordine, semina-disordine, è proibito. La mia notte si chiede cosa non sia proibito. Non è proibito fare corpo con lei, questo, lo sa, ma si irrita nel vedere una carne fare corpo con lei sul filo della disperazione. Una carne non è fatta per sposare il nulla. La mia notte ti ama fin nel suo intimo, e risuona anche del mio. La mia notte si nutre di echi immaginari. Essa, può farlo. Io, fallisco. La mia notte mi osserva. Il suo sguardo è liscio e si insinua in ogni cosa. La mia notte vorrebbe che tu fossi qui per insinuarsi anche dentro di te con tenerezza. La mia notte ti aspetta. Il mio corpo ti attende. La mia notte vorrebbe che tu riposassi nell'incavo della mia spalla e che io riposassi nell'incavo della tua. La mia notte vorrebbe essere spettatrice del mio e del tuo godimento, vederti e vedermi fremere di piacere. La mia notte vorrebbe vedere i nostri sguardi e avere i nostri sguardi pieni di desiderio. La mia notte vorrebbe tenere fra le mani ogni spasmo. La mia notte diventerebbe dolce. La mia notte si lamenta in silenzio della sua solitudine al ricordo di te. La mia notte è lunga, lunga, lunga. Perde la testa ma non può allontanare la tua immagine da me, non può dissipare il mio desiderio. Sta morendo perché non sei qui e mi uccide. La mia notte ti cerca continuamente. Il mio corpo non riesce a concepire che qualche strada o una qualsiasi geografia ci separi. Il mio corpo diventa pazzo di dolore di non poter riconoscere nel cuore della notte la tua figura o la tua ombra. Il mio corpo vorrebbe abbracciarti nel sonno. Il mio corpo vorrebbe dormire in piena notte e in quelle tenebre essere risvegliato al tuo abbraccio. La mia notte urla e si strappa i veli, la mia notte si scontra con il proprio silenzio, ma il tuo corpo resta introvabile. Mi manchi tanto, tanto. Le tue parole. Il tuo colore.

Fra poco si leverà il sole.

martedì 1 settembre 2009

Poesia: "Sii paziente" di Rainer Maria Rilke




Sii paziente verso tutto ciò che è irrisolto nel tuo cuore e ...

cerca di amare le domande, che sono simili a

stanze chiuse a chiave e a libri scritti in una lingua straniera.

Non cercare ora le risposte che non possono esserti date

poiché non saresti capace di convivere con esse.

E il punto è vivere ogni cosa. Vivi le domande ora.

Forse ti sarà dato, senza che tu te ne accorga, di vivere fino al lontano

giorno in cui avrai la risposta.

Testo: Piccoli racconti. "Un principe, un saggio e un chicco di riso"

In un lontano paese orientale, all'ombra di foglie di pesco e grandi abeti, un Principe cammina piano.

E' solo. Il suo passo è incerto. Tiene le mani intrecciate dietro la schiena, i suoi vestiti di seta ondeggiano alla brezza delle montagne.

La Natura attorno a lui è bellissima. Ci sono fiumi irruenti e vivissimi, laghi ghiacciati che rispecchiano un cielo d'un azzurro emozionante... e pure, in questa mattina d'estate, oggi. primo settembre, c'è un caldo tepore nell'aria, un tepore dolce, materno.

Il Principe osserva le rose, svolta ad un angolo, e, dopo una leggera salita (sente il profumo dell'erba fresca e della rugiada), arriva alla casa del Saggio. Bussa. Appoggia il palmo della mano sul legno della porta. Ritrae il busto, chiude la mano in pugno, bussa di nuovo.

Nessuna risposta. E allora prova a girare la casa (c'è una luce abbagliante). Quì, si perde in un giardino di una bellezza unica. Il Saggio, all'ombra di una robinia che, come una cascata di fiori, si getta dal tetto della casa, pota una rosa. Il Principe, si avvicina e gli rivolge un cortese saluto.

Il Saggio, con un sorriso dolce, ricambia il suo saluto e gli dà il benvenuto nella sua casa. Lo invita a sedersi. Il Principe attende un attimo (il sole lo colpisce sugli occhi e gli dà fastidio ma lui, chissà perché, non lo dà a vedere). Il Saggio ha le mani appoggiate sul grembo, sopra un coprivestito di pelle di daino. I nostri protagonisti, ecco, sono vestiti in modo semplice, informale. (Sono, dopotutto, gli anni venti).

Il Principe fà una domanda al Saggio. Esattamente, gli chiede quale sia la più grande ricchezza dell'uomo. Gli chiede se possa essere il suo regno. Al che il saggio, inclinando leggermente il capo, e chiudendo le braccia al petto, fà di no con la testa. No, dice. Lo dice con umiltà. E in quel nome, c'è una grandissima verità. Il Principe si acciglia... guarda attorno... indica le stelle. Il cielo. Il saggio, allora, alza il capo. Guarda le stelle... e risponde che è vero, che sono infinite. Che potrebbero sembrare, realmente, la più grande ricchezza dell'uomo. Tanto più che nel cielo, l'uomo ripone tutta la poesia del suo cuore.

Il principe, allora, indica il denaro. E' il denaro la ricchezza? I figli? La propria famiglia? Il saggio dice di no... no. Al che, il Principe, curioso, chiede perché. Perché le cose a cui ha accennato non sono la più grande ricchezza? Il saggio, allora, risponde. Si alza. Con un gesto elegante della mano, indica la terra... spiega al Principe che il suo regno ha un confine. E dove ci sono confini, beh, c'è un limite. C'è altro... dunque, non può essere la più grande ricchezza dell'uomo. Ugualmente per le stelle. Il Saggio chiede al Principe di guardare l'orizzonte. E nota, serio, che l'orizzonte è il confine dell'immensità del cielo. E dove c'è un confine, ecco, non c'è la più grande ricchezza. Ma né le città del Regno, né il denaro possono essere la più grande ricchezza. No, no davvero.

Dove c'è una cassaforte, dove ci sono sacchi dove mettere le monete d'oro, beh, c'è un limite e quel limite, ci dice che non è, non può essere, la vera e più grande ricchezza. E l'amore? E i figli? E la donna amata. Il saggio sorride. Quasi sussurrando, spiega che i figli sono persone. E in quanto uomini sono liberi. La loro ricchezza, i loro sentimenti, la loro vita non può appartenere al principe. Quella libertà, dunque, è un confine. E' vero: si può amare oltre ogni limite. Ma non si può p o s s e d e r e l'Amore. Il Saggio insegna al Principe che gli uomini sono p o s s e d u t i dall'Amore. L'amore, dunque, non è una nostra ricchezza. Noi, solo noi, siamo la ricchezza dell'Amore. Non possediamo, l'Amore,ne siamo posseduti.

Il Principe, allora, demoralizzato, pensa al suo palazzo. Pensa alle mattine di primavera in cui passeggia tra le stanze nella penombra, pensa ai tutti i suoi servitori. Comincia a intuire che nulla, nulla che possiede, è la vera ricchezza. Comincia a pensare a quegli attimi in cui si ferma, nel suo studio, a guardare le nuvole arrivare dal mare. Guarda le navi nel porto. Immagina tutti i suoi sudditi camminare tra le vie, ridere, scherzare, amarsi. E questa parola... ricchezza... torna prepotente. Torna con tutta la sua forza, torna chiedendo un senso, un perché, una definizione.

Il Principe con umiltà chiede al Saggio se la più grande ricchezza siano tutte le montagne del mondo, il dominio su tutto... i suoi occhi sono spiritati, folli, pieni di ricerca di un senso che non ha nel cuore. Il Saggio, però, tranquillo, sorride. Dice no... no. Quindi, mette una mano in tasca e prende un chicco di riso. Un piccolo, piccolissimo, chicco di riso. Lo mette sul palmo della mano del principe.

Ecco, risponde, questa è la più grande ricchezza. Da questo piccolo chicco di riso, Principe, puoi comprire il mondo di ricchezza. Da questo piccolo chicco di riso, puoi dare vita a tutti gli uomini del mondo. Da questo piccolo chicco di riso, puoi fondare imperi, città, regni. Da questo piccolo chicco di riso, ora, racchiuso nella tua mano, è nata e nasce ogni ricchezza.

La ricchezza, la vera ricchezza, principe nasce da cose piccole. Quelle cose piccole (anche un'emozione, un sentimento) se curate con ciò che ci insegna amore possono diventare immense ricchezze. Occorre attesa, pazienza, metodo, studio, cura, calore, fatica, speranza. Ogni sentimento dell'uomo è prezioso per rendere vita a questo chicco di riso.

Tutta l'umanità è racchiusa nel gesto di un agricoltore che siede accanto alla terra dove ha piantato questo chicco di riso. Ogni speranza, Principe. Ogni futuro. Ogni mattina... e tutto il suo corpo tende a difenderlo questo chicco di riso.

Che è vita. Bellezza. E' racconto delle nuvole che porteranno la pioggia per lui. E poesia del viaggio del sole sopra il campo. E' il momento in cui diverrà spiga e darà tanti altri chicchi di riso...

Un oggetto così piccolo, Principe, è la più grande ricchezza che c'è. E' l'origine di tutta la ricchezza che possiedi nel tuo Regno.

Il Principe, allora, stringe il chicco di riso nella sua mano. Lo stringe con tutta la sua forza. Con tutto il suo corpo.

E tornando nel suo palazzo quel chicco di riso diviene il suo dono più prezioso. Qualcosa ricco di significato.

Qualcosa che non è capace di capire e che pure, inspiegabilmente, lo rende felice.